IMPIEGO DI INVESTIGATORI PRIVATI PER IL CONTROLLO SUL COMPORTAMENTO DEL DIPENDENTE ASSEGNATO AD ATTIVITA’ LAVORATIVE DA SVOLGERE ALL’ESTERNO DELL’AZIENDA
Può essere ritenuto lecito in quanto finalizzato all’accertamento di condotte truffaldine (Cassazione Sezione Lavoro n. 5629 del 5 maggio 2000, Pres. Trezza, Rel. Spanò).
Lo Statuto dei Lavoratori stabilisce, all’art. 2, che il datore di lavoro non può impiegare per la vigilanza sull’attività lavorativa le guardie giurate e all’art. 3 che i nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza sul lavoro devono essere comunicati ai dipendenti interessati.
P.D., dipendente della Banca Popolare di Rieti, incaricato di svolgere, nelle ore antimeridiane, attività esterna visitando i clienti e proponendo loro i servizi dell’azienda, è stato licenziato con l’addebito di avere trascorso le mattinate oziando all’interno della propria autovettura e uscendone solo per recarsi al bar, acquistare i giornali, entrare nei supermercati e guardare le vetrine, senza prendere contatti con le persone poi indicate nei rapportini di servizio. Questo comportamento è stato accertato dalla Banca con l’impiego di un investigatore privato.
P.D. ha impugnato il licenziamento davanti al Pretore di Rieti, sostenendo tra l’altro l’inutilizzabilità dei controlli svolti sul suo operato, in quanto effettuati in violazione degli articoli 2 e 3 St. Lav.
Sia il Pretore che, in grado di appello, il Tribunale di Rieti, hanno ritenuto legittimo il licenziamento. Il Tribunale ha affermato che il controllo eseguito mediante un investigatore privato non poteva considerarsi vietato in questo caso, dagli artt. 2 e 3 St. Lav., sia perché diretto a verificare non già la diligenza nell’espletamento delle mansioni affidate al lavoratore ma solamente un comportamento truffaldino, sia perché espletato non sul luogo di lavoro ma sulla pubblica via, nei luoghi prescelti da P.D. per trascorrere la mattinata in attività che nulla avevano a che fare con i compiti affidatigli.
La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 5629 del 5 maggio 2000, Pres. Trezza, Rel. Spanò) ha rigettato il ricorso del lavoratore.
L’art. 2, secondo comma, della legge 20 maggio 1970 n. 300 – ha osservato la Corte – fa divieto ai datori di lavoro di adibire le guardie particolari giurate alla vigilanza sull’attività lavorativa e a queste ultime di accedere nei locali ove tale attività è in corso; i due precetti, letti congiuntamente, appaiono ben chiari nel senso che è vietato ogni controllo sul modo della prestazione d’opera all’interno dell’azienda mediante personale avente compiti di mera vigilanza; nulla si dispone per la verifica dell’attività svolta al di fuori dei locali aziendali, da parte di soggetti, quindi, non inseriti nel normale ciclo produttivo, la cui prestazione non può essere collocata nell’ambito dei poteri di direzione, controllo tecnico e sorveglianza.
In ogni caso – ha affermato la Corte – è consentita la verifica circa l’eventuale realizzazione di comportamenti illeciti esulanti dalla normale attività lavorativa e a tal fine non è vietato il ricorso alla collaborazione di investigatori privati, in considerazione della libertà della difesa privata.
Pertanto, ha concluso la Corte, la sentenza impugnata deve ritenersi conforma a diritto sia perché ha ritenuto lecito il ricorso ad investigatori privati al fine di verificare come B.P. impiegava il tempo trascorso fuori dalla sede della Banca, sia perché finalizzato a verificare comportamenti che ben potevano integrare il delitto di truffa.